3 X 3: New Media Fix(es) on Turbulence


turbulence:
remix + bonus beat
turbulence: remixes + bonus beats
turbulence: remezclas + bonus beats
di Eduardo Navas | Traduzione/editing di Lucrezia Cippitelli, Francesca De Nicolò


“Turbulence” diventa più vecchia di dieci anni nel 2006, questo significa che ora è un impressionante archivio d’ arte in rete. Durante il suo primo decennio, Turbulence è diventata un’importante organizazzione per la storia di un’ arte spesso considerata emergente e da relazionare alla New media art, che costantemente si muove in accordo con lo sviluppo delle tecnologie. Turbulence è però anche parte della storia della “Remix culture”. Laddove generalmente la “Remix culture” viene definita come la globale attività messa in piedi attraverso l’attivo ed efficiente scambio di informazioni reso possibile dalle tecnologie digitali supportate largamente dalla pratica del copia/incolla (1). Il concetto di Remix spesso relazionato alla cultura popolare deriva dal modello di remix musicale che inizia ad essere prodotto intorno ai tardi anni Sessanta e primi anni Settanta a New York (2). Oggi il Remix (inteso come l’attività di prendere da materiali pre-esistenti combinati in nuove forme seguendo il gusto individuale) è stato esteso ad altre aree culturali, includendo anche le Arti Visive e gioca un ruolo vitale nella comunicazione massmediale, specialmente in Internet e nel nostro caso, nell’archivio di Turbulence.

Lo sguardo immesso in questo testo intende così riconoscere quanto Turbulence ha contribuito al Remix quale attività culturale, e allo stesso tempo alla storia dei new media. Così focalizzerò l’attenzione su Turbulence quale archivio, notando un tipo di registrazione ( in vinile) ed esaminando in dettaglio alcuni lavori selezionati, segnalando la mia teoria di Remix, per poi riflettere sull’estetiche connesse all’arte in rete e la loro importanza storica.



Friederike Paetzold | Grey Area | 2002

turbulence: nient’altro che remix.
turbulence: nothing but a remix
turbulence: nada más que un remix


Turbulence compie dieci anni in un momento che segue, e che comunque non è molto distante dal Postmoderno: nel quale sono messe in discussione “le grandi narrative”, mentre sono favorite le narrative minime (3). Postmoderno, che approssivatimamente parte dalla meta-fine degli anni Sessanta alla metà degli anni Ottanta, inteso quale frammentazione, di bit e pezzi, come incompletezza e possibilità sempre aperte senza fine.

Durante il periodo Postmoderno, il concetto di remix musicale si è sviluppato. Il Remix in musica è stato creato e definito dai DJ negli anni novanta a New York, Chicago e in altre parti della East coast intendendo ricombinazioni di preesistenti pezzi già esistenti resi maggiormente ballabili. I loro mix, affondavano le radici nel “toasting” e dub, un sistema di assemblamento che è una tradizione musicale della Jamaica (4). L’attività dei DJ della East coast si è poi evoluta verso un “sampling” di bit musicali realizzato in studio. Questo significa che i DJ hanno sempre tagliato/copiato e incollato materiale già registrato per creare le loro composizioni. Tagliare/Copiare e incollare, la frammentazione del materiale, oggi sono parte dell’attività di ogni giorno sia nel lavoro che a casa grazie al computer e sono rintracciabili in applicazioni software di massa come Adobe Photoshop e Microsoft Word.

Internet quindi si fonda sul sampling, sul tagliare/copiare e sull’incollare con lo scopo di funzionare come un network dove si condividono file, si scaricano software open source, c’è un live streaming sia video che audio e si mandano e ricevono mail, tutte attività che si basano sul copiare, elimanare (tagliando) informazioni da un punto ad un altro come pacchetti di dati. Tagliare/copiare e incollare sono quindi attività cardine dell’arte che si fonda su Internet e che è presente in Turbulence.

Quello che è una caratteristica peculiare dell’arte in Internet è iil fatto che l’utente ha un ruolo fondamentale nell’attivare il lavoro, come fa il DJ quando suona i suoi dischi in vinile. L’utente della rete quindi manipola file dell’archivio di Turbulence nello stesso modo in cui il DJ manipola i dischi sul suo piatto. Tutti e due accedono a materiale pre-registrato. I DJ degli anni Settanta quindi già seguivano quella che è la tradizione degli hacker, già manipolavano dischi su un macchina usata in origine per un ascolto passivo. Questa azione interattiva con materiale pre-registrato è quindi parte del “mainstrem” , nella quale l’utente quando è on line entra in una categoria assimilabile a quella del DJ; abilitato a suonare i file (come un DJ con i suoi dischi) e non solo ad ascoltare o vedere passivamente, perché l’interazione, toccando, e nel caso dell’utente on line, cliccando, inserendosi così nella odierna cultura.

Così mentre il DJ manipola un disco, gli utenti Internet manipolano gli archivi di Turbulence.
Metaforicamente possiamo pensare agli archivi di Turbulence come a un disco, a un vinile, dove ci possone essere dei graffi, questo accade prevalentente se consideriamo i primissimi lavori di Turbulence come Not Walls del 1996 di Laurel Wilson realizzato con Apple Quickdraw (5), un interfaccia online che remixa immagini e testo in un ambiente D. Il lavoro on line non può essere visibile perché la plug-in non è più disponibile e per questo è stato inserito in una zona non fruibile e disturbata parte delle registrazioni groove di Turbulence.

Quindi pensando a Turbulence come a un disco in vinile con tracce che non sono leggibili questo saggio si focalizzerà su quei particolari progetti che mentre vengono “ascoltati” mostrano ulteriori “scratch” al loro interno.


letteratura: remixata come arte in rete
literature: remixed as internet art
literatura: remezclada como arte en internet


In sezioni più avanti definirò la teoria del Remix. In questo momento quello che per me è cruciale è comprendere seguendo ed esaminando alcuni progetti selezionati negli archivi di Turbulence il concetto di allegoria; un elemento vitale e fondante nell’idea di Remix. L’ Allegoria è un codice culturale che nella New media art e ancora molto più specificatamente nell’arte in rete è stato ereditato dal Postmoderno (6).

Il remix è sempre allegorico seguendo le teorie postmoderne di Craig Owens, che argomenta sull’ esistenza di una decostruzione nel postmoderno, quale chiara consapevolezza della storia e della politica che sta dietro all’oggetto d’arte, sempre presente come una “preoccupazione connessa alla lettura”(7). Ciò significa che l’oggetto da contemplare, nel nostro caso il Remix, dipende da una ricognizione (lettura) di un pre-esistente testo ( o codice culturale). L’utenza è così sempre chiamata a guardare dentro al lavoro d’arte rintracciandone la storia. Questo non avviene solamente nel primo modernismo, dove il lavoro d’arte sospende il suo codice storico e il lettore non è più ritenuto responsabile di riconoscere le connessioni politiche che rendono un oggetto d’arte “arte” (8). Il Postmodernismo, in effetti, remixa il Modernismo nel mettere in mostra come l’arte sia definita dalle ideologie, e dalla storia, costantemente revisionata. Il lavoro d’arte contemporaneo quindi è un collage concettuale e formale di ideologie già antecedenti, ma parte di critiche filosofiche e formali e artistiche che sono questioni che possono essere estese ai New media e all’ arte in rete.

L’arte che si sviluppa in Internet è chiaramente connessa con il sistema allegorico; che spesso
si fonda su un materiale pre-esistente che gli conferisce autorità. I lavori di Turbulence in questo senso sono allegorici; sono citazioni che si sostengono sull’autorità di un materiale precedente che è copiato/ tagliato e incollato, sia concettualmente che formalmente. Questo impulso allegorico, che prende molto dal Postmoderno esiste in tutte le commissioni di Turbulence. E così non sorprende che il medium che è molto allegorizzato è la Letteratura con le sue strategie narrative; questo è stato particolarmente reale soprattutto per quanto riguarda i primi anni. Ma iniziamo la nostra analisi tra Letteratura e narrativa. Questa focalizzazione ci porterà poi a segnalare altre allegorie.

La Letteratura è quindi motivo d’’ispirazione, se non la base fondante di molti dei lavori commissionati tra il 1996 e il 1998. Tali lavori includono The Grimm Tale di Marianne Petit con John Neilson (9), North Country di Helen Thorington e Eric Schefter, (10) The Sad Hungarian di Nick Didkovsky e Tom Marsan,(11) e The Story of X di A Russian author(12). The Grimm Tale è una storia di un ragazzo che non comprende cosa sia “l’ orrore/disgusto”- Questo lo rende un alieno perché non compreso da quello che ha intorno. Quando finalmente è in grado di comprendere il significato di questa parola, l’utente arriva per sciogliere le sue paure.



Marianne Petit with John Neilson |
The Grimm Tale | 1996


Questo è un adattamento della novella dei fratelli Grimm, nella quale l’utente è invitato a muoversi in dietro e avanti tra le pagine web, realizzando “l’esperienza della storia” non in un modo lineare.
North Country è una breve piccola storia su uno scheletro, probabilmente di donna, trovato nell ‘Upstate di New York. La donna, secondo affermazione delle autorità, si è suicidata, ma ci sono molti aspetti evidenti che fanno pensare piuttosto ad un omicidio. Questo tipo di ipertesto è conosciuto come “storia ramificata”. Questo significa che l’utente ha due hyperlink da selezionare da cui partire, l’intenzione è quella di spingerlo a visitare molte pagine, se non tutte, per destreggiarsi nel mistero.

The Sad Hungarian, è la storia di un fattore che ha perso sua moglie e che sta cercando di convivere con la sua solitudine e con il duro lavoro che deve portare a termine giorno dopo giorno. Il progetto consiste in gif animate che possono essere attivate dall’utente con un click. Questa storia è lineare, e l’utente deve comunque usare il bottone del browser per cliccare indietro e tornare alla pagina precedente. The Story of X è invece il luogo dove si realizza una collaborazione online dove l’utente è invitato a contruibire costantemente alla scrittura. Questa storia quindi cambia continuamente a seconda di quale utente collabori. Il risultato finale è “X” ovvero molte identità. L’utente può così navigare negli archivi della storia partendo dagli ultimi accessi sino all’inizio. Al contrario delle altre storie, questa consiste in una singola pagina.

Gli autori considerano il browser come un’estensione diretta di un libro stampato, e allo stesso
tempo sperimentano le possibilità che Internet offre quale medium creativo. Per esempio in
North Country l’utente può ascoltare il suono d’ambiente, e in The Grimm Tale ogni capitolo del libro è accompagnato da composizioni musicali e gif animate. The Sad Hungarian allo stesso tempo utilizza immagini animate, — con precisione un applet java (trattasi di una piccola componente software che gira nel contesto di un altro programma, in questo caso un browser) (13) Molte di queste storie, tuttavia creano opzioni e possibilità per muoversi indietro e avanti attraverso le pagine, confidano su una narrativa lineare e seguono un plot in realtà molto tradizionale. Possiamo dire che sono, in parte, un’ estensione di una letteratura ipertestuale e cosa più importante fissano l’attenzione su qualcosa che sarà rivisitato ripetutamente da molti artisti negli anni seguenti. Questi lavori sono in essenza, un remix di storie già pre-esistenti nel web, che anche se non intendono essere lineari, comunque sono storie che ne dipendono(ad eccezione di The Story of X, come spiego anche qui di seguito). Questi sono quei lavori che intendo quali Remix Selettivi perché lasciano “l’aura spettacolare(14)” delle storie intatta .




Helen Thorington and Eric Schefter | North Country: Part 1 | 1996


Questi primi lavori sono documenti storici che testimoniano un periodo di transizione nel quale gli artisti hanno iniziato ad esplorare il cosidetto “paradosso di Internet”: mentre i progetti ci connettono con altre persone in modi mai prima individuati come possibili, e allo stesso tempo ci alienano/distanziano dagli altri, perché questa esperienza è mediata dai dati o informazioni. In questo modo il corpo è ridefinito dalla comunicazione on line (15), il risultato è un lavoro che costantemente chiede di essere completato o ammette contributi, dall’utente finale. Questa preoccupazione e costante richiamo al corpo è un allegoria – una versione remixata di cosa noi conosciamo come spazio fisico.

In questo senso The Grimm Tale e North Country hanno a che fare con il corpo nel cyberspazio. Nel primo, il corpo degli utenti è connesso con quello del ragazzo quando l’utenza è interrogata su cosa è il terrore, e sul dare il suo feedbak sulla questione attraverso un formulario on line; nel secondo lavoro l’utente è chiamato a identificare il corpo che è fatto a pezzi, questo potrebbe essere letto come una metafora della frammentazione e della ricostruzione dell’identità nelle comunità on line, e a quanto questo comunque sia slegato all’esperienza fisica (16). La storia mette in contrasto l’approccio passivo al tradizionale modo di raccontare storie ponendo costantemente la questione su “Chi è lei?”, cosa che dopo una più stretta analisi, determina l’impossibilità di raccontare una storia che non può essere detta – come si può raccontare la storia di qualcuno che non si conosce? (17) Questa frase può essere letta come una domanda sulla identità on line. A questo punto l’utente giunge ad una risultante che è analoga a quella di The Grimm Tale. E come in The Grimm Tale, anche lì c’è una form di feedback dove gli utenti possono contribuire con i loro scritti agli eventi.

Questa ultima caratteristica, infatti è l’unica cosa che offre The Story of X. Qui l’utente ha la completa possibilità di contribuire alla storia, poiché l’utente(lettore) diventa l’autore del testo. Questo è un caso che definisco come Remix riflessivo, perché il ruolo dell’autore e dell’utente sono messi in discussione per comprendere la posizione critica di questo lavoro (18)

L’esperienza corporale è una costante preoccupazione nella emergente società della informazione(19); questo potrebbe essere il motivo per il quale il corpo è sostituito e medializzato spesso come un’ informazione. Quest’analisi è evidente nelle prime performance in streaming come Finding Time di Jesse Gilbert and Scott Rosenberg, (20) che hanno organizzato un sound stream da sei continenti del mondo con l’ unica volontà di creare composizioni che fossero mediate da un network globale. Tutti questi lavori dipendono da una narrativa lineare che enfatizza i remix corporali che sono trasfomati in una informazione stream. A dire il vero, quella preoccupazione di perdita di corporeità è ancora tra noi oggi, come possiamo notare nel recente lavoro di Michael Mandiberg e Julia Steinmetz IN-Network (21) (2005) nel quale gli artisti si connettono tra loto attraverso i cellulari , e si riferiscono ancora al corpo e a come questo si ridefinisce attraverso l’informazione.

I primi lavori che brevemente ho menzionato celebrano le possibilità di Internet come un medium vitale di arte e considerano la rete come un’estensione del testo. Questo è vero fatta eccezione per The Story of X , come ho già notato. Questi lavori, in ultima analisi, non sono legittimizzati dal fatto che sono in rete, ma dal fatto che fanno direttamente riferimento alle strategie narrative; e seppur sono remixati con opzioni che non sono lineari propongono contemporaneamente un modello lineare di narrazione. Nella sezione seguente esaminerò in dettaglio i lavori prodotti negli ultimi anni nei quali il Remix è sperimentato in molte maniere estendibili che mettono in discussione le prime esplorazioni dei lavori già descritti.

 

remix
remixes
remezclas


Per comprendere meglio cosa s’intende per Remix, metteremo a confronto alcuni progetti tratti dagli archivi di Turbulence con alcune opere d’arte del XX secolo. Questo ci permetterà di aprire una finestra per dimostrare come i codici chiave del Remix sono stati già utilizzati sotto differenti nomi nel corso della storia. Questa sezione considererà Grafik Dynamo (2005) di Kate Armstrong e Michael Tippett (22), getawayexperiment.net (2005) di Nathaniel Stern e Marcus Neustetter (23), Secret Lives of Numbers (2002) di Golan Levin e al. (24) e Grey Area (2002) di Friederike Paetzold (25).

Ci sono tre tipi di Remix che vengono utilizzati oggi: Il Remix Esteso, Il Remix Selettivo e il Remix Riflessivo. Abbiamo considerato già brevemente prima come il Remix Selettivo e Riflessivo siano in realtà utilizzati in alcuni lavori presenti negli archivi di Turbulence. In questa sessione i Remix Selettivi e Riflessivi saranno definiti in diretta relazione con le Arti Visuali e molto più importante messi in relazione con lavori recenti prelevati dagli archivi di Turbulence. Consideriamo in primo luogo il Remix Selettivo.

Nel Remix Selettivo il DJ prende e assembla parti alla composizione originale, lasciando “l’aura spettacolare” intatta. Un esempio prelevato dalla Storia dell’arte nel quale i codici chiave del Remix selettivo sono messi in atto sono rintracciabili nella Fontana (1917) di Duchamp (26); dove un orinatoio è lasciato intatto per rinforzare/estremizzare la questione su “Cosa è arte?”. Codici di un secondo livello di remix ancora riferibili a Duchamp posso essere trovati in Fountain (after Marcel Duchamp) di Sherrie Levine, che nel 1991, nel quale l’autrice si interroga su Duchamp come uomo e sul suo orinatoio come arte. Riflessione che comunque lascia comunque intatta l’aura di Duchamp come artista, ma non l’aura spettacolare dell’ orinatoio quale oggetto parte di una catena di produzione di massa (27). In tutti e due questi casi c’è dundue una sottrazione e addizione (selettivamente- quindi sono Remix Selettivi).



left to right

Marcel Duchamp | Fountain | 1917 | image source (26)
Sherrie Levine |
Fountain (After Marcel Duchamp) | 1991 | image source (27)


Questa strategia diventa importante inoltre nel lavoro degli artisti pop, pensiamo a Andy Warhol e Roy Lichtenstein, ed è sviluppata anche nei progetti on line
Grafik Dynamo (2005) di Kate Armstrong e Michael Tippett. Così come Lichtenstein si appropria di strisce di fumetti nei suoi quadri, Amstrong e Tipped remixano fumetti con la tecnolgia del RSS blog. Quello che loro riferiscono riguardo alla loro collaborazione è di un “azione live di comic strip” perché i riquadri della finestra sono aggiornati con nuove immagini e “caption bubble” ogni pochi secondi.

La striscia così ricontestualizza materiale prelevato da un giornale live, che è una risorsa on line che provvede a creare blog liberi per le comunità on line (28). L’utente cosi “si siede dietro” e lascia che le strisce carichino informazione. Ad un certo punto la didascalia iniziale del pannello all’estrema sinistra dichiara: “Ma i giornalisi non si fanno domande, e sembrano essere ipnotizzati“, mentre all’inizio della pagina appare una piccola immagine di Tinker Bell con scritto, “Tutto quello di cui abbiamo bisogno è fede e forza, e un piccolo tocco di polvere....”. Nel riquadro centrale c’è una bottiglia di Jack Daniel’s e un corrispondente fumetto che decreta, “Attenzione! Suona il fischietto!” e il riquadro nella zona di destra propone una donna che indossa un grande elmetto simile a quello di una divisa, che muove un joystick; il fumetto parlante dichiara ancora “Io non farò niente per qualcuno che mi combatte!” e il bottone di arresto scrive , “Giocattoli o, locomotive soffocate da vie pubbliche...”



Kate Armstrong and Michael Tippett | Grafik Dynamo | 2005


Tutte le immagini e i frammenti di test (le ultime pre-autorizzate dagli artisti) (29) sono quindi
combinate in maniera randomica, lasciando però in piedi la possibilità per l’utente di completare il tutto inserendo il proprio punto di vista.
Grafik Dynamo è così un Remix Selettivo di un tradizionale fumetto della cultura contempoarena con una traccia di tendenza postmoderna che tende alla frammentazione (30). La sembianza di allegorica autorità è quindi data alla striscia di fumetto (come l’orinatorio) che questa volta è stata contestualizzata come “un remix” che segue le altre forme che vengono e vanno per scontrarsi e provvedere a multiple significazioni. Come nell’Arte Comporanea, questo lavoro non intende dare specifiche risposte all’utente ma fornirgli comunque un momento per riflettere sul possibile significato dell’opera d’arte. Così lasciando passare una moltitudine di letture è remixato continuamente anche da se stesso per il fatto che il progetto costantemente inserisce immagini e testi per l’utente in un lasso di tempo di secondi, presentando composizioni che molto spesso non saranno mai ripeture, enfatizzando la effimera esperienza di vedere le schermate. Le immagini e i testi sono combinati nelle schermate a seconda di ogni singolo utente, e comunque ogni altro utente può accedere al progetto nello stesso momento.

Questa combinazione sarà attiva in pochi sencondi e tutto quello che sarà perso è memoria, una traccia. Questo è un remix, perché seguendo il processo che precedentemente ho esposto un remix, in questo caso, deve lasciare intatta l’aura originale. Grafik Dynamo non nega o si interroga sull’autorità della striscia da fumetto, se mai, la celebra come possibilità per la critica culturale ed in questo modo segue una definizione che sostiene il lavoro di Duchamp e di Levine. Duchamp non nega l’autorità dell’orinatoio, ma lo utilizza per introdursi nella questione su cosa sia arte o meno, mentre Levine usa la stessa strategia realizzando un orinatoio in bronzo e interrogandosi sulla posizione privilegiata di Duchamp come uomo nel “mondo dell’arte”, quindi Duchamp remixa l’orinatoio mentre Levine remixa Duchamp. Lo stesso approccio lo possiamo trovare nel getawayexperiment.net di Nathaniel Stern and Marcus Neustetter. La parola “remix” è utilizzata nella descrizione del lavoro, partendo dall’assunto che “loro autorizzano i locali disegnatori di Johannesburg, South Africa a remixare cinque siti dal vivo ( 31). L’attività è inoltre estesa per un tempo limitato a i partecipanti on line che sono così incoraggiati a scaricare le loro immagini.




Nathaniel Stern and Marcus Neustetter | getawayexperiment.net | 2005


I siti remixati includono Joy Garnett’s "Solidary" che inoltre consiste nel remixare dipinti che ha creato prelevandoli da una fotografia per la quale lei è stata citata per un’infrazione del copyright dal fotografo. Questo remix quindi consiste in alcune pagine con variazioni della stessa immagine, prelevate da una gamma di lavori realizzati a mano e resi graficamente in pixel. Un’altro sito remixato è "Joburg" un portale della città di Johannesburg. I grafici disegnati a mano sono presentati nelle seguente linee guide e brevi testi di commento alle attività politiche della città. "Google Images" è un terzo tipo di remix nel quale le immagini sono ancora realizzate a mano, mimando il formato dell’attuale sito di Google. "Fox News Channel" è un altro remix, dove come in "Joburg", si fanno commenti sociali sulle nuove risorse. Turbulence è un remix nella stessa Turbulence. Lì c’è un’esatta copia della pagina guida di Turbulence presentata con immagini fatte a mano e testi che remixano sia l’esperimento di getawayexperiment.net che quello di MTAA noto come 1 Year Performance (32).

Come in Grafik Dynamo, getawayexperiment.net dispone nuovamente l’aura spettacolare dei siti web. Così l’ effettiva appropriazione del loro look dà loro l’ autorevolezza di un opera d’arte . Possiamo interrogarci sulla validità di questi siti, ma non sul fatto che siano siti con una reale intenzione culturale ( pensando a come Duchamp voleva interrogarsi su cosa fosse arte e non su cosa sia un orinatoio, o Levine voleva interrogarsi sull’orinatoio e su Duchamp come uomo, ma non sull’autorevolezza di Duchamp e sulla sua chiara e nota importanza). Ma getawayexperiement.net inoltre focalizza l’attenzione sul virtuale e sulla fisicità come momenti cruciali nel comprendere l’arte in internet come un medium. Infatti le immagini realizzate a mano ridefiniscono l’apporto corporale che comunque esiste nell’informazione on line. In questo modol’attività realizzata a mano diventa una nota a pié di pagina – una traccia da individuare, come il “juggling di beat” diventa una citazione in nota per il sampling nello studio musicale di un DJ producer. Così Getawayexperiment.net è il più evidente caso di Remix selettivo in Turbulence per come deliberatamente usa il linguaggio del remix per conferirsi un ‘ autorevolezza da opera d’arte.

 



left to right
John Heartfield | Adolf the Superman: Swallows Gold and Spouts Junk | 1932 | image source (33)
John Heartfield |
Hurrah, the Butter is All Gone | 1935 | image source (34)


Il Remix Riflessivo differisce in vari modi dal Remix Selettivo; allegorizza in maniera diretta ed estende l’estetica del sampling così come veniva praticata negli studi di registrazione dai DJ degli anni Settanta, dove la versione remixata sfidava l’aura dell’originale e rivendicava la propria autonomia pur portando lo stesso nome. Ad un livello più esteso, il Remix Riflessivo si fonda su diverse sorgenti e le mixa reclamando l’autonomia. L’aura “spettacolare” degli originali, pienamente riconoscibili o no, è una parte vitale del remix perché il prodotto finale sia culturalmente accettato. Questa strategia richiede che l’osservatore rifletta sul significato del lavoro e delle sue sorgenti – anche laddove non sia possibile riconoscerne l’origine.

Un esempio dalla storia dell’arte in cui sono messi in gioco i codici del Remix Riflessivo, è il lavoro di John Heartfield, che prende materiali fuori dal loro contesto per costruire una critica sociale. I suoi fotomontaggi, ad esempio Adolf the Superman: Swallows Gold and Spouts Junk (33) and Hurrah, the Butter is All Gone, (34) discutono proprio il soggetto che ha dato loro il potere di operare la critica. Nel primo Hitler è, come dice il titolo stesso, mostrato dopo aver ingoiato dell’oro, ed è pertanto messo in discussione come leader della Germania; nel secondo invece una famiglia tedesca pranza mangiando delle armi, e qui la stabilità della “casa” è messa in crisi dalla politica tedesca. In entrambi i casi, l’aura “spettacolare” dell’immagine originale (come nel secondo remix) è lasciata intatta – ma solo per essere messa in discussione con qualcos’altro: crediamo all’immagine ma nello stesso tempo la interroghiamo, a causa della doppia trasparenza di un montaggio e del realismo che ci si aspetta da un’immagine fotografica; il lavoro dunque assurge al ruolo di critica sociale prendendo vita dalla combinazione di immagini riconoscibili.

Un altro esempio della storia dell’arte in cui è possibile identificare i codici del Remix Riflessivo è il lavoro di Hannah Höch. I suoi collages imbrattano le immagini originali di cui si appropria: il risultato è un’asserzione con finale aperto. Il lavoro della Höch discute le nozioni di identità e ruoli di genere. Certo, anche quando non sembra evidente l’origine dei materiali, il suo lavoro dipende tuttavia da una un’identificazione allegorica di determinate forme prese dal contesto culturale per costruire senso. È per esempio il caso di opere come Grotesque (35) e Tamar, (36) realizzati a trent’anni di distanza l’uno dall’altro, ma che sono entrambi coerenti nella decontestualizzazione dell’oggetto di cui si sono appropriati. In entrambi i casi ci troviamo di fronte a parti di corpi maschili e femminili remixati per creare un collage di figure “de-generizzate”.

L’autorità dell’immagine sta tutta nel riconoscimento di ogni singolo frammento e la critica socialecome quella riscontrata nel lavoro di Heartfield qui non è messa in opera; piuttosto, ogni frammento particolare nel lavoro della Höch ha bisogno di essere sostenuto dal codice culturale di provenienza per creare senso, anche se in una modalità molto più aperta. Per entrambi, Heartfield e Höch, il soggetto che dà all’opera la sua autorità è messo in questione : il risultato è una frizione, una tensione che richiede all’osservatore di riconsiderare ogni elemento che si trova di fronte. È questo che rende la loro arte così potente.




left to right
Hannah Höch |
Tamar | 1930 | image source (36)
Hannah Höch |
Grotesque | 1963 | image source (35)


Tenendo a mente come opera il Remix Riflessivo in Heartfield e Höch, possiamo ora esaminare The Secret Lives of Numbers di Golan Levin ed altri. L’opera consiste nella visualizzazione dei numeri e della loro popolarità nel contesto culturale degli anni 1997, 1998 e 2002.

L’artista conduce un ampio studio dei numeri interi compresi tra uno e un milione e mette online i risultati della ricerca di 100.000 di questi numeri. La spiegazione di questa limite deciso dagli artisti, è che sarebbe impossibile visualizzare i dati di un milione di numeri; è stata però creata un’istallazione offline in cui vengono presentati i risultati tutti i numeri. La visualizzazione dei dati consiste in tre pannelli. Il primo sulla sinistra fornisce informazioni contestuali sugli altri due pannelli. Presenta un menu a tendina che permette all’utente di scegliere l’anno (1997, 1998, 2002) visualizzando così la popolarità del numero selezionato, la sua percentuale, posizione e associazione. L’utente può scegliere i numeri negli altri due pannelli. Il pannello centrale presenta un luminoso istogramma giallo con un angolo di 90 gradi; il terzo pannello sulla destra presenta un campo verde e giallo. che cambia da indici più chiari a più scuri. Il colore varia a seconda della popolarità di un dato numero.

Quando un numero viene scelto nel pannello centrale o in quello di destra, il pannello a sinistra visualizza le informazioni relative. Mentre ciascun numero è classificato, non tutti sono associati con un’attività specifica. Alcuni lo sono, come i codici postali, e quando viene scelto un numero associato ai codici postali si riceve un’informazione del tipo: “Associazione per 151 9: Oakmont, PA”. Al contrario si può anche incorrere in segnalazioni del tipo”Non ci sono associazioni per il numero _____”: si tratta in questo caso di un risultato comune. In conclusione, The Secret Lives of Numbers prende i numeri dalla quotidianità e li remixa in forma di astrazione – che in alcuni casi può diventare quasi specifica come dimostrato più sopra con l’associazione al codice postale; ad ogni modo anche in questro caso l’associazione è di tipo cartografico (a meno che l’utente viva lì), e indica solo l’attività del misurare. Quest’opera indaga la numerologia. In un certo senso mette in discussione i metodi scientifici di misurazione, come spiega il testo introduttivo: “Come ogni coppia simbolica, lo strumento che ci piace pensare separato da noi (e per questo obiettivo) è in realtà un intricato riflesso dei nostri pensieri, interessi e capacità”(37).

Il progetto allegorizza l’autorità dei numeri e l’autorità della scienza, anche se il suo scopo è non lasciarne intatta la metodologia ma rendere visibili i suoi limiti come strumento di misura dell’esperienza umana. Come il Superman di Heartfield, concepito per mettere in discussione Hitler come leader tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale, l’intenzione di The Secret Lives of Numbers è discutere fermamente il modo in cui i numeri sono considerati comunemente come “oggettivi”. Per farlo efficacemente, gli artisti si appropriano degli strumenti di misurazione normalmente associati ai numeri: grafici e tabelle. Il progetto è un Remix Riflessivo perché porta l’utente di Internet a riflettere e mette in discussione tutto, inclusa l’autorità della scienza, così come lo spettatore deve ripensare la questione del realismo nei fotomontaggi di Heartfield.




Golan Levin, et. al. |
The Secret Lives of Numbers | 2002


Il modo in cui misuriamo noi stessi è anche al centro dell’attenzione in
Grey Area di Friederike Paetzold. Questo progetto consiste in un’interfaccia grigia e minimale che presenta, ancora una volta, un’astrazione numerica. I desideri dell’artista (quanto l’artista desideri cose inessenziali), i consumi (quanto pagerà) e la realizzazione (quanto appagamento vivrà come risultato), sono presentati in tre grafici indipendenti; l’utente può scegliere di accedere ai punti alti e bassi dei grafici in una piccola finestra con tre pannelli che scorrono. I dati qui sono letti alla velocità in cui scorrono. L’utente può anche scegliere di consultare i dati in tre grafici che rappresentano 24 ore in 24 giorni. In seguito l’utente ha l’opportunità di trasformare i tre grafici in tre ritratti diversi e, alla fine, di combinare i tre ritratti dell’artista in uno solo. La combinazione finale è accompagnata da una colonna sonora che è il prodotto dei grafici 24x24.

Questo progetto, così come The Secret Live of Numbers, si interroga sui processi relazionali che si mettono in atto quando intendiamo “misurarci”, dimostrando la nostra dipendenza dai supposti metodi oggettivi di misurazione. L’opera si presenta come scientifica, ma lascia trasparire alcuni indizi sull’arbitrarietà dei dati che contiene: si tratta – dopotutto – di un “autoritratto”, e come The Secret Lives ci chiede di ripensare la relazione che abbiamo con gli strumenti che usiamo per capire e definire noi stessi come esseri razionali. Grey Area è infine un esempio di Remix Riflessivo perché usa delle informazioni su un individuo e le presenta come fatti. Il risultato è però messo in discussione quando cerchiamo di capire che il “ritratto” basato su dati teoricamente scientifici è ottenuto da un’autoanalisi soggettiva; in modo simile The Secret Lives of Numbers discute il ruolo dei numeri come strumenti usati per misurare oggettivamente la realtà. Anche in Grey Area èmessa in gioco l’astrazione, fino a quando i tre ritratti – figurativamente basati sui dati dei grafici - convergono in uno solo e l’utente ha l’opportunità di interpretare in forma più soggettiva le informazioni che gli sono state date dall’opera. Il progetto è simile ai collages di Hannah Höch, nei quali l’artista definisce il soggetto umano in aree separate e le presenta in una maniera che non sembra permettere di prendere una forma definita. Così come nell’opera della Höch non si riescono ad identificare le multiple entità che abitano i corpi composti da collage, così nell’opera di Paetzold i soggetto umano è “in-identificabile”. La prova è data alla fine del percorso su cui si costruisce l’opera, quando vengono arrestate le animazioni che compongono i tre grafici ed appare la scritta “Individuality is resolution dependent”/ ”L’individualità dipende dalle risoluzioni”.

 



Friederike Paetzold | Grey Area | 2002


Ambedue le opere, The Secret Lives e Grey Area, propongono una lettura astratta del corpo umano, ed ancora una volta troviamo lo stesso interesse per il corpo che rivela informazioni che sono state esplorate precedentemente nelle narrative di Thorington e altri. Qui il corpo che abbiamo trovato in lavori come North Country è ora agilmente assorbito come puro insieme di dati, come astrazione. Il corpo è diventato nient’altro che numeri che teoricamente dovrebbero essere dati oggettivi. Queste opere condividono inoltre con Heartfield e Höch la frammentazione del corpo, perché entrambi gli artisti Dada propongono corpi o situazioni che negano la loro coesione. I loro lavori si propongono come uno solo quando in realtà sono molteplici: unificati dalla disunità. Sfidano la nozione del corpo coesivo, e piuttosto chiedono che siano interpretati come costruzioni sociali. Con il Remix come strategia il corpo viene citato più volte in numerosi progetti dell’archivio di Turbulence.

Per capire con più precisione come il Remix è messo in gioco nell’archivio di Turbulence, bisognerà ora descriverlo più nel dettaglio. Facendolo saremo in grado di comprendere il ruolo del Remix nei Nuovi Media e nella cultura contemporanea più in generale.


loop e sample: l’essenza del remix


I DJ Hip hop hanno migliorato le tecniche sviluppate precedentemente dai DJ della Disco a partire dalla fine degli anni Sessanta. Hanno usato il beatmixing trasformandolo in beat juggling: ciò significa che suonavano con battiti ed emissioni sonore ripetendoli (looppati) nei piatti, per creare momenti di composizione irripetibili. Questa tecnica è conosciuta oggi come turntablism. Questa pratica si sviluppa negli studi di registrazione come sampling ed è stata estesa nella contemporaneità come pratica del taglia/copia e incolla

I loop sono anche essenziali nei computer: cos’altro farebbe altrimenti un computer se non eseguire dei loop per sapere cosa deve essere fatto in ogni momento? Prima della nascita dei computer la gente faceva i calcoli a mano, finché il bisogno di avere dei calcoli ripetitivi eseguiti in maniera più efficiente divenne un’idea. (38) Nel 19 5, con ENIAC, i computer hanno iniziato ad assumere il ruolo di computer umani.(39) In quei tempi il concetto di loop ha giocato un ruolo culturale cruciale, non appena Pierre Schaeffer e Stockhausen hanno scritto composizioni che consistevano essenzialmente i loop performati non da esseri umani ma da macchine. (40) Il loop nella musica è diventato allora cruciale per la cultura musicale da DJ come abbiamo già sottolineato; e questa stessa DJ culture ha incontrato il mondo delle culture digitali nella New Media Art, ed in particolare nella Internet art. Quest’emersione è cruciale per il Remix, come ho dimostrato più sopra. Definiamo allora il Remix per capire il ruolo complesso che ha svolto nella New Media Art e nella cultura di massa.

remix definito


Per capire il ruolo del Remix nelle culture online, dobbiamo prima definirlo nella musica. Un remix musicale, generalmente, è la reinterpretazione di un brano preesistente: ciò significa che “l’aura” dell’originale sarà dominante nella versione remixata. Naturalmente alcuni dei remix più stimolanti possono mettere in discussione questa generalizzazione. Basandosi sulla storia possiamo comunque affermare che esistono tre tipi di remix. Il primo è esteso, è cioè la versione allungata del brano originale che contiene lunghe parti strumentali che lo rendono più facilmente mixabile dai DJ nelle discoteche. Un esempio dalla storia dei DJ potrebbe essere il lavoro di Jellybean Benitez, divenuto famoso per aver prodotto e remixato alcune canzoni per Madonna. (41) Il secondo Remix è selettivo: consiste cioè nell’aggiungere o sottrarre materiale dal brano originale. Un esempio ne è il remix della canzone “Missing” delle Everything but the Girl, realizzato nel 1995 dal produttore/DJ Todd Terry (42). In questo caso Terry non solo ha esteso il brano originale, secondo la tradizione del remix da discoteca (come Benitez), ma ha anche creato delle nuove sezioni e delle nuove sonorità, ne ha sottratte altre, sempre lasciando intatta l’”essenza” della canzone. Il terzo remix è riflessivo: allegorizza ed estende l’estetica del sampling, in cui le versioni remixate sfidano l’aura degli originali e chiedono una propria autonomia anche quando portano il nome delle canzoni originali; il materiale è aggiunto o cancellato, ma le tracce originali sono largamente lasciate intatte per essere riconosciute. Un esempio è il famoso album dub/trip hop di Mad Professor No Protection, remix dell’album dei Massive Attack Protection. In questo caso entrambi i dischi, l’originale e la sua versione remixata, sono considerati un’opera a sé stante, seppure la versione remixata sia completamente dipendente dalla produzione originale dei Massive Attack per il suo riconoscimento.(43) Il fatto che entrambi gli album siano stati prodotti nel 199 complica l’allegoria di Mad Professor.

L’allegoria è spesso decostruita nei remix più avanzati seguendo questa terza modalità, e spesso diventa velocemente un esercizio riflessivo che porta a un remix in cui l’unico elemento riconoscibile tratto dall’originale è il titolo. Ma, per essere chiari, il remix farà sempre affidamento sull’autorità del brano originale. Il remix è in fine un re-mix — un arrangiamento di qualcosa che è sempre riscontrabile; funziona in un secondo livello; un meta-livello. Ciò implica che l’originalità del remix è “non-esistente”, e deve dunque dichiarare la sua fonte di convalidazione auto riflessivamente (anche quando è un remix selettivo). In breve, il remix, quando esteso come pratica culturale, è un secondo mix di qualcosa pre-esistente; la materia che è mixata per la seconda volta deve essere riconosciuta altrimenti può essere male interpretato come qualcosa di nuovo e potrebbe diventare plagiarismo. Senza una storia, il remix non potrebbe essere Remix. (44)

Le tre definizioni di Remix presentate più sopra possono essere estese alla cultura visiva con grande efficienza. Alcuni dei codici chiave del Remix Selettivo e Riflessivo sono stati applicati nell’ambito della cultura visiva in alcuni casi prima degli esperimenti dei DJ nell’ambito della musica (possiamo dimostrare questo assunto con alcuni esempi storici come quelli già citati di Duchamp, Levine, Heartfield e Höch); ma il Remix Estensivo non è rintracciabile in ambito culturale prima degli anni Settanta, e non è tuttora rintracciabile all’infuori della cultura musicale. I DJ Disco, andando contro corrente, estendono le composizioni musicali per renderle più ballabili. Prendono o minuti di composizione che potrebbero essere di facile ascolto per le radio, e le estendono portandole a 10 minuti. (45) Negli anni Settanta questa pratica era quasi radicale perché, di fatto, era la base di quelle lunghe composizioni che sono costantemente privilegiate nell’ambito musicalemainstream; e questo è vero fino ad oggi. La ragione che sta dietro a questa tendenza ha in parte a che fare con l’efficienza che la cultura popolare richiede: ogni cosa viene ottimizzata per essere velocemente consegnata e consumata da più persone possibili, e la musica alla radio non fa eccezione. Un ovvio esempio di questa tendenza è la popolarità di pubblicazioni come il Reader’s Digest che propone versioni condensati di libri ed anche di saggi per persone che vogliono essere informate ma non hanno il tempo di leggere l’originale, che spesso è anche più lungo. (46)

Un altro fatto recente che ora emerge in Rete è il “replay” di due minuti, usato in programmi televisivi come “Studio 60 on the Sunset Strip.” (47). Se hai perso lo spettacolo in diretta, puoi passare due minuti online informandoti sul suo riassunto; di fatto, questa è la versione televisiva più efficiente del Reader’s Digest, consegnata direttamente alla tua connessione casalinga. Le implicazioni che lo sviluppo di queste pratiche hanno sul remix sono legate strettamente all’economia politica e non posso essere analizzate in forma approfondita in questo saggio (soprattutto per problemi di spazio); in ogni caso il Remix Estensivo deve essere menzionatoperché si tratta di fatto della pratica fondante delle altre due opzioni di remix che sono state sinora analizzate. Sia il Remix Selettivo che quello Riflessivo dipendono dall’efficienza che rende potenti i Mass Media – e si appropriano esattamente di questo elemento per criticare i media. Forniscono argomenti con la stessa efficienza ed assicurando quelle stesse aspettative di facile rintracciabilità che l’industria culturale pretende. Il Remix Estensivo deve essere anche ricordato come il primo genere di remix, nell’ambito della cultura musicale dei DJ, che ha dato agli stessi DJ la loro indipendenza di potenti produttori musicali, per lo meno a New York.

Nella sezione precedente ho analizzato alcuni lavori presenti nell’archivio di Turbulence in sintonia con il concetto di Remix Selettivo e Riflessivo, per capire come questi hanno conquistato spazio basandosi su tracce allegoriche che tornano indietro al periodo postmoderno. Le definizioni presentate in questa sezione ci permettono di comprendere la loro estensione all’ambito culturale più generale.


bonus beat


Possiamo affermare che le opere analizzare possono distanziarsi dalle definizioni di Remix che ho introdotto: tuttavia queste definizioni si basano su alcuni elementi rintracciati nelle stesse opere. Come ho mostrato, è una scelta dell’artista, che ne sia consapevole o no, enfatizzare la carica critica con l’uso della selettività o della riflessività; e se vogliamo studiare come le pratiche critiche si sono sviluppate non solamente in ambito artistico ma in senso culturale allargato, possiamo notare che il criticismo ha spesso preso queste due forme. Il critico può riflettere su uno specifico aspetto dell’opera, come in Grafik Dynamo, nel quale l’artista deve lasciare intatta l’aura “spettacolare” dei fumetti per fare critica sociale, o mettere in discussione tutto, comprese le metodologie che convalidano un lavoro come in The Secret Lives of Numbers. Ma questo non significa che il Remix Selettivo e Riflessivo non possano essere mescolati l’uno con l’altro. In ogni caso non posso indicare un esempio preso dall’archivio di Turbulence che lo faccia. Potrebbe non essere questo il caso quando il remix estensivo è messo in gioco in combinazione con uno degli altri due remix, ma quest’analisi non è applicabile a lavori che sono contenuti nell’archivio di Turbulence.

Un altro argomento che può essere addotto è che il Remix è stato applicato prima che i DJ iniziassero a sviluppare le loro composizioni negli anni Settanta; quindi, perché definire “remix” dei lavori eseguiti dopo gli anni Settanta secondo strategie già applicate da Heartfield, Höch e Duchamp? La risposta a questa domanda è tutta nell’azione che è stata performata dal DJ, che è ora rintracciabile in chi lavora con i Nuovi Media. Ciò che il /la DJ fa è fermare un vinile e suonarlo come se fosse uno strumento, creando esperienze effimere che possono essere certamente registrate, ma che non perdono il loro potere di rappresentazione. Dopo ogni performance, la riproduzione del brano originale è lasciata così com’era stata creata, con ovvio logorio, naturalmente. Il brano, in termini di futuro accesso, rimane essenzialmente lo stesso dopo ogni performance. È come un database cui si può accedere più volte, come nel caso di tutti i lavori che sono stati analizzati in questo testo: sono tutti predisposti per accedervi da un database, e gli utenti possono dargli il comando “Play”, come il DJ può suonare i suoi dischi. Naturalmente l’utente connesso non può avere la stessa abilità di alterare il lavoro così come facevano i DJ, poiché un DJ è essenzialmente un hacker, ma il discorso qui è che ogni opera analizzata può funzionare senza avere le informazioni perse (a meno che il disco sia graffiato o il server su cui sono archiviati i file di net art vada in crash). Per comprendere questo punto, prendiamo in considerazione ancora una volta i collages di Hannah Höch. Ognuno dei frammenti che l’artista usa nelle sue composizioni provengono da un lavoro che lei stessa ha distrutto tagliandolo in pezzi che faranno parte del collage. Non potrà mai tornare indietro all’immagine originale da cui ha preso il frammento ed usarla nella sua forma originale, perché questa ora ha perso alcune informazioni (l’artista ha tagliato, non copiato). Nell’ambito dei Nuovi Media, con il taglia/copia e incolla, l’artista ha l’abilità di riprodurre senza preoccuparsi di distruggere il file da cui ha tratto l’informazione originaria. Inoltre l’utente che vede il lavoro capisce questo meccanismo e sa che una copia già vista può essere consultata esattamente nella stessa maniera, così come una registrazione (ciò è vero per i progetti realizzati con i Nuovi Media, come Grafik Dynamo, che usa la randomizzazione con precisione per presentare l’illusione che si possa creare una narrativa teoricamente non predicabile). Questo tipo di collage che rende possibili i lavori realizzati con i Nuovi Media dipende completamente dalla pratica del sampling, e come ho dimostrato più sopra, il sampling è l’essenza del Remix. Ciò significa che anche se Höch, Heartfield e Duchamp hanno condiviso elementi propri del Remix, le loro opere non sono state remixate nella stessa maniera secondo cui opera il Remix così come è stato illustrato in questo testo con i lavori di Armstrong, Tippett, Stern, Neustetter, Levin e Paetzold. All’epoca, i loro lavori sono stati definiti “readymade”, fotomontaggi e collage perché la tecnologia su cui potevano contare permetteva di descrivere il sampling in quei termini. Gli elementi basilari del Remix trovati nella tecnologia analogica (i dischi in vinile), in ogni caso, come ho mostrato sono sempre messi in opera con grande attenzione in ciascuno dei progetti.

Prendendo in considerazione tutte le variabili discusse nell’ultima sezione, il contributo di Turbulence alle arti ed alle culture contemporanee è evidente, e il fatto che Turbulence ospiti un ampio numero di interessanti remix la rende una risorsa vitale per studiare e godere i Nuovi Media. L’archivio di Turbulence dovrà essere tesaurizzato negli anni a venire, perché qui potremo trovare le prime manifestazioni di questa ricca storia che punta a un futuro che solo noi possiamo definire, un futuro che, con una metodologia critica, potrà solamente essere promesso.

 


Eduardo Navas.

Eduardo Navas è un artista, storico e scrittore specializzato nei nuovi media; il suo lavoro e le sue teorie sono state presentate in diversi spazi negli Stati Uniti, America Latina ed Europa. È stato giurato per " Turbulence.org" nel 2004 e per le commissioni del 2006-07 di "Rhizome.org" a New York. Ha fondato ed è stato redattore di "Net Art Review" (2003-2005); è co-fondatore di "newmediaFIX" (dal 2005) e membro cofondatore di " acute.cc", un network internazionale di artisti ed accademici che organizzano periodicamente eventi e pubblicazioni. Attualmente Navas sta concludendo un Dottorato di ricerca in lettere presso il Dipartimento di Arte e Media di Comunicazione, Teoria e Critica, nel programma di Belle Arti presso l'Università di San Diego California. www.navasse.net

NOTE:
(1) Questa è una mia analisi applicata a ciò che che Edward Lessig sostiene rigurado alla Remix Culture come attività basata su attività di “strappo, mix e bruciare”. Lessig è coinvolto molto anche dai diritti di copyright; la mia definizione di Remix è legata a sistemi estetici e ai loro ruoli nella politica economica. Cfr. proposito Edward Lessig, “Free,”
The Future of Ideas, Vintage,New York, 2001, pp.12-15.
(2) Sulla Dj Culture cfr. Ulf Poschardt,
DJ Culture , Quartet Books, London, 1995, ; Bill Brewster and Frank
Broughton,
Last Night a DJ Saved my Life, New York, 1999; Javier Bláquez e Omar Morera, eds., Loops: una historia de la Música electrónica , Reservoir Books,Barcelona, 2002, .
(3) Per una più popolare e spesso attaccata analisi del Postmoderno Cfr. J. François Lyotard,
La conditionpostmoderne, Les editions des Minuit, Paris, 1979, ( trad. it. La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere, Feltrinelli Milano, 2002). qui citata in ( trad. ingl. The Postmodern Condition , Minnesota Press, Minneapolis, 198 ). Per un confronto vedi Fredric Jameson, The Cultural Logic of Late Capitalism, Duke University,Durham, 1991. E per una breve e comunque ristretta bibliografia e riflessione sulle relazioni del Postmoderno con i New media cfr. , Digital Resistances, in Digital Culture , Reaktion books, London,
2002),pp 150-196.
(4) Porschardt, Brewster, e Blánquez.
(5) Laurel Wilson, Turbulence.org, 1996, <http://turbulence.org/walls.htm>, (Ottobre, 2006).
(6) Cfr. The Craig Owens, “The Allegorical Impulse:
Towards a Theory of Postmodernism,” eds., Brian Wallis and Marcia Tucker, Art After Modernism Godine, New York, 198 , p. 22 .
(7) Ibid. p. 22
(8) Ibid., pp. 20 -2 5.
(9) Marianne Petit and John Neilson, The Grimm Tale, Turbulence.org, 1996 , <http://turbulence.org/Works/grimm/index.htm>, (Ottobre, 2006).
(10) Helen Thorington and Eric Schefter, North Country: Part 1, Turbulence.org, 1996, <http://turbulence.org/Works/Thorington/nc/index.html>, (Ottobre 1996).
(11) Nick Didkovsky and Tom Marsan, The Sad Hungarian, Turbulence.org, 1996, <http://turbulence.org/Works/sadhungarian/index.html>, (Ottobre 2006)
(12) A Russian Author, “Story of ‘X’,” Turbulence.org, 1996, <http://turbulence.org/Works/_X/index.html>, (Ottobre 2006)
(13) “Applet,” Wikipedia.org, 15 Ottobre 2006, <http://en.wikipedia.org/wiki/Applet>, ( Novembre 2006).
(14) Uso il termine “spettacolare “seguendo la teoria dello spettacolo di Guy Debord,e la nozione di Aura di Walter Benjamin perché dipende dallo spettacolo (seguendo Debord) per la sua confluenza culturale. Cfr. Guy Debord,
La societé du spéctacle, Edition Gallimard, Paris, 1967, (trad. it La società dello spettacolo, prefazione di Carlo Freccero, Baldini & Castoldi, Milano, 2001). qui citato in trad. ingl. The Society of the Spectacle, New York, Zone Books, 1995, pp.110-117); Walter Benjamin, Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, Zeitschrift für Sozialforschun, Paris, 19 6, poi in Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, Frankfurt, Suhrkamp Verlag, 1955 (tr. it. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino, 1999) qui cit. trad. iingl. The work of art in the Age of Mechanical Reproduction, Iluminations, Schoken, New York,, 1968, pp. 217-251.
(15) Per un estesa analisi di come questa relazione con in new media sia ridefinitva in una nuova ricerca legata ai new media Cfr. N. Katherine Hayles,
How We Became Posthuman, University of Chicago Press, Chicago and London, 1999); Mark B. N. Hansen, New Philosophy for New Media (Cambridge Press, Massachusetts and London, England, 200 ).
(16) Per un buon apporto sulle mutazioni identitarie e su come questo modifichi l’esperienza corporea. Cfr. Allucquère Rosanne Stone,
The War of Desire and Technology at the Close of the Mechanical Age, Cambridge Press, Massachusetts and London, England, 1996.
(17) Questa osservazione è stata proposta di recente da Helen Thorington; l’artista stessa. Ho incluso questo suo punto di vista con il quale concordo, e la ringrazio per averlo condiviso con me. (18) Questa è una riflessione sulla morte dell’autore che cita Roland Barthes e Michel Foucault. Cfr. Roland Barthes, , La mort de l’auteur, in Mantéia, n. 5 (1968), ora in Le bruissement de la langue Paris, Seuil, 198 ), tr. it. La morte dell’autore, in Il brusio della lingua, Saggi critici IV , Einaudi, Torino, 1988, qui citato in trad. ingl. Death of the Author,
Image, Music Text, Hill and Wang, New York, 1977, pp. 1 2-1 8; e Michel Foucault, Qu’est-ce qu’un auteur?, in Bullettin de la société Française de Philosophie, LXIII, n. (1969), ora in Dits et écrits. 195 -1988, vol. I, 195 -1969, Gallimard, Paris, 199 , tr. it. Che cos’è un autore?, in Scritti letterari , Feltrinelli, Milano, 198 , qui citato in trad. ingl. What is an Author, in Donald F. Bouchard and Sherry Simon Language, Counter-Memory, Practice. Ed. Donald F. Bouchard Ithaca, New York, Cornell University Press, 1977. pp. 12 -127.
(19) Termine coniato da Manuel Castells. Cfr. Manuel Castells,
The Rise of the Network Society, Malden, MA, Malden, 200 .
(20) Jesse Gilbert e Scott Rosenberg , “Finding Time,” Turbulence.org, 1999, <http://turbulence.org/Works/ftime/index.html>, (Ottobre 2006).
(21) Michael Mandiberg e Julia Steinmetz, “In-Network,” Turbulence.org, 2005, <http://turbulence.org/Works/innetwork/>, (Ottobre, 2006).
(22) Kate Armstrong and Michael Tippett, “Grafik Dynamo,” Turbulence.org, 2005, <http://turbulence.org/Works/dynamo/index.html>, (Ottobre, 2006).
(23) Nathaniel Stern and Marcus Neustetter, “Getawayexperiment.net,” Turbulence.org, 2005, <http://turbulence.org/Works/getawayexperiment/index.php>, (Ottobre, 2006).
(24) Golan Levin, et. al, “The Secret Lives of Numbers,” Turbulence.org, 2002, <http://turbulence.org/Works/nums/index.html>, (Ottobre, 2006).
(25) Friederike Paetzold, “Grey Area,” Turbulence.org, 2005, <http://turbulence.org/Works/greyarea/index.html>, (Ottobre, 2006).
(26) Per una riproduzione on line della famosta fotografia di Richard Stieglitz cfr. :“Fountain”Art History Birmington, <http://arthist.binghamton.edu/duchamp/fountain.html>, Novembre 2006.
(27) Per una riproduzione del lavoro di di Levine cfr. Sherrie Levine, Artnet, <http://www.artnet.com/magazine/features/cfinch/finch5-7- .asp>, Ottobre, 2006.
(28) Livejournal.org, 2005, <http://www.livejournal.com/>, Ottobre, 2006.
(29) Vorrei ringraziare Helen Thorington per aver chiarito questo punto.
(30) Owens,p. 206
(31) Turbulence.org <http://turbulence.org/archives/05.html>, Ottobre, 2006.
(32) MTAA, “1 Year Performance Video (aka samHsiehUpdate)” in Turbulence.org, <http://turbulence.org/Works/1year/>, (Ottobre 2006).
( 33) Per consultare l’immagine di Superman, si veda Towson.edu, <http://www.towson.edu/heartfield/images/Adolf_the_Superman.jpg>, (ottobre, 2006).
(34) Per consultare l’immagine di, Butter’s all gone si veda <http://www.towson.edu/heartfield/images/Hurrah_the_Butter_is_all_gone.jpg>, (ottobre, 2006).
(35) Per consultare l’immagine di Grotesque si veda la Adam Art Gallery: <http://www.vuw.ac.nz/adamartgal/exhibitions/2002/big/lightsandshadows-Höch-lg.html>, (ottobre, 2006).
(36) Per una riproduzione di Tamar, si consulti Hannah Höch: ‘Dompteuse(Tamar),”<http://www.yellowbellywebdesign.com/Höch/dompu.html>, (ottobre, 2006).
(37) Levin, <http://turbulence.org/Works/nums/>.
(38) Scott McCartney, “The Ancestors,” in
Eniac, (Walker and Company, New York, 1999), pp. 9-27.
(39) Le donne che lavoravano nel sottosuolo dell’università di Pennsylvania Moore School durante la Seconda Guerra Mondiale erano chiamate “computers” perché calcolavano (computavano) tabelle sui missili balistici tutto il giorno. Si veda McCartney, op. cit., pp.95- 97.
(40) Rob Young, “Pioneers,” Modulations (Caipirinha, New York, 2000), pp. 10-20.
(41) Ognina delle canzoni che sono state remixate da Benitez in questo album sono è stata prima mixata da un altro ben noto DJ. In ogni caso, le sequenze vennero eseguite da Benitez. Madonna, Madonna: You Can Dance, Prodotto da Stephen Bray, Patrick Leonard e Madonna, Sequenced da Jellybean Benitez, Sire, D1 5 6, 1986.
(42) Todd Terry intervistato da Frank Broughton, Todd Terry, in djhistory.com, 1996, ( marzo 2005). <http://www.djhistory.com>
(43) Poschardt, p. 297.
(44) I Dj produttori che usavano il sample negli anni Ottanta sono coscienti di aver portato avanti la Storia avendo a che fare con la legge; si vedano i procedimenti legali contro Biz Markie citati da Brewster, pp. 2 6.
(45) La prima canzone Disco ad essere allungata a 10 minuti è Ten Percent di Double Exposure, remixata da Walter Gibbons nel 1976. Si veda Brewster, op.cit., pp. 178-79.
(46) Reader’s Digest , <http://www.rd.com/>, (ottobre, 2006).
(47) “Studio 60 on the Sunset Strip,” in nbc.com, settembre 2006, <http://www.nbc.com/Studio_60_on_the_Sunset_Strip>, (ottobre, 2006).